Ammiraglio e uomo politico francese, capo degli ugonotti.
Appartenente a una delle più ragguardevoli famiglie dell'aristocrazia
francese, nel 1547, non ancora trentenne, fu nominato generale in capo della
fanteria e nel 1552 ammiraglio di Francia, facendosi promotore di un vasto piano
di espansione coloniale francese e inviando nel 1555 spedizioni in Brasile e
successivamente in Florida. Catturato dagli Spagnoli con tutta la guarnigione
della piazzaforte di San Quintino, la cui difesa aveva consentito all'esercito
francese di ricostituirsi nelle retrovie, venne liberato dopo la pace di Cateau
Cambrèsis del 1559 e durante la prigionia nei Paesi Bassi
abbracciò la fede protestante, alla quale si era già convertito un
suo fratello, Francois d'Andelot, mentre un altro suo fratello, il
principe-vescovo di Beauvais, si sarebbe convertito nel 1561. Rientrato in
patria, si pose alla testa dei riformatori francesi, ma cercò di evitare
la guerra di religione, volendo salvaguardare l'unità della Francia.
Nonostante le sue cautele, la guerra scoppiò ugualmente in seguito
all'eccidio degli ugonotti ordinato dal principe Francesco di Guisa a Vassy.
Ucciso il Guisa da un fanatico ugonotto (febbraio 1563), questi, sotto la
tortura, lo coinvolse nell'assassinio. Pur negando di aver istigato l'omicida,
egli ammise di rallegrarsi per la sua morte, poiché il Signore aveva
abbattuto, per mano dell'assassino, il più acceso nemico della fede
protestante. Scoppiata la guerra di religione, egli assunse il comando delle
forze protestanti insieme col principe di Condé e, quando questi fu
ucciso a Jarnac nel 1569, assunse il comando dell'intero esercito ugonotto.
Brillante stratega, anche se tattico mediocre (perdette la maggior parte delle
battaglie campali alle quali partecipò), egli seppe salvaguardare
l'esercito protestante, compiendo continui e rapidi spostamenti che impedirono
alle forze realiste, superiori di numero, di infliggere all'esercito ugonotto il
colpo decisivo. Un anno dopo la firma dell'editto di pacificazione di
Saint-Germain-en-Laye (agosto 1570), che stabiliva lo
status quo,
accordando agli Ugonotti il diritto di mantenere, come garanzia, proprie
guarnigioni in quattro città, egli fece parte del Consiglio del re.
Valendosi della sua abilità politica, si impegnò affinché
fosse adottata una politica vigorosamente antispagnola, promettendo inoltre
l'appoggio della Francia all'azione militare di Ludovico di Nassau contro il
duca d'Alba. Egli riuscì ad ottenere l'appoggio entusiastico del giovane
re Carlo IX al proprio indirizzo politico, ma non tenne sufficientemente conto
della reale situazione interna e internazionale. Infatti si schierò
contro di lui la regina-madre Caterina dé Medici nelle cui mani era
rimasto il governo effettivo, mentre si svolgevano i febbrili intrighi
dell'ambasciatore spagnolo e del nunzio apostolico. Caterina riuscì con
facilità a convincere i Guisa, che non avevano mai perdonato al
C.
la presunta complicità nell'assassinio del duca Francesco, della
necessità di sbarazzarsi di lui. Il 22 agosto 1572 un sicario
attentò alla sua vita, riuscendo però solo a ferirlo. Alla notizia
dell'attentato scoppiarono tumulti in ogni parte della capitale, dov'erano
convenuti migliaia di nobili ugonotti per assistere alle nozze di Enrico di
Navarra con Margherita, nozze che avrebbero dovuto sancire la fine della guerra
civile. Essi pretesero che si lavasse l'offesa fatta al loro capo e il re in
persona si recò a far visita al
C., assicurando che avrebbe punito
i colpevoli. Da consumata politica qual'era, Caterina, contro cui il complotto
rischiava di ritorcersi, reagì prontamente e, insieme coi cattolici che
facevano parte del Consiglio della corona, riuscì a convincere il giovane
re della necessità di eliminare tutti i capi ugonotti. Ella era convinta
che fosse sufficiente eliminare il
C. e pochi altri capi influenti, ma la
situazione le sfuggì nuovamente di mano e nella notte tra il 23 e il 24
agosto 1572 si compì il massacro di San Bartolomeo. Tra le migliaia di
ugonotti assassinati figurava anche il
C. e questa volta il duca di
Guisa, per essere certo della sua morte, aspettò che il suo corpo
mutilato fosse gettato fuori dalla finestra dagli assassini
(Châtillon-sur-Loing 1519 - Parigi 1572).